Solo la scorsa primavera l’area della sorveglianza antincendio ha perso 34 milioni di euro tra personale e mezzi. Sempre meno pompieri e in condizioni fisiche precarie
di Federico Fubini
26 Jul 2018
In teoria, tra pochi giorni doveva venire il momento delle pacche sulle spalle. Il primo momento, dopo nove anni, in cui il governo greco non avrebbe più dovuto prendere ordini dal resto d’Europa e il resto d’Europa non avrebbe più dovuto darne. La voglia di rivendicare il lavoro fatto era percettibile appena sotto la superficie. Dopotutto 4 primi ministri di ogni tipo — centrosinistra, centrodestra, tecnocrati, populisti — ha eseguito sotto dettatura qualcosa che letteralmente non è mai accaduta nella storia economica: correggere in otto anni il saldo di bilancio del 16% del reddito nazionale — da un profondo deficit al surplus — mentre il reddito tracolla del 29%. E poco importa se quel crollo, unito al rifiuto di condonare ciò che palesemente non è rimborsabile, ha fatto esplodere il debito in proporzione a un’economia ormai ristrettasi. Gli investimenti sono stati falciati a un terzo di quelli di un Paese normale.
Nessuno credeva che tutto questo fosse pensabile, prima che l’Unione europea lo imponesse a un Paese di poco meno di 11 milioni di abitanti (ne ha persi mezzo milione nel frattempo). Per questo quando ad agosto la Grecia uscirà dal terzo programma di assistenza della Ue e del Fondo monetario internazionale, dopo 14 manovre di austerità, la tentazione a Bruxelles, a Berlino o negli ambienti di governo ad Atene era evidente: congratularsi con se stessi per essere arrivati fin qui. Almeno, finanziariamente ancorati a qualcosa.
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